ISHIGAKI L'ISOLA DALLA DOPPIA ANIMA
Ishigaki, l'isola ostica delle non meduse, del mare cristallino e dei micro ristoranti nascosti.
Così potrei riassumere in estrema sintesi la nostra esperienza in questa bell'isola all'estremo sud del Giappone, ma partiamo dall'inizio.
Ishigaki è una piccola isola con la forma di una pera che possiede una doppia anima: aperta e turistica a primo impatto, risulta poi ostica e schiva nella sua vera essenza lontana dalle mete più gettonate. Questa doppia valenza si rispecchia esattamente a livello geografico dove la parte sud è stata coscientemente gettata in pasto al turismo di massa per proteggere il più selvaggio ed intatto nord. A sud dell'isola, oltre all'aeroporto, si trova il più grande agglomerato urbano con ristoranti, strutture alberghiere nonché il porto turistico mentre, man mano che si sale verso nord, gli insediamenti scarseggiano, così come i turisti, ed al loro posto si trovano rare case di residenti, campi coltivati e natura selvaggia. Nel nord di Ishigaki riuscire a sopravvivere per un estraneo può risultare davvero difficoltoso e non basta un'auto per girare, è essenziale avere l'aiuto di gente locale se si vuole tentare di scoprire la vera natura dell'isola. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere questa possibilità affittando una graziosa minicasa nella zona di Ibaruma. Le gentilissime padrone di casa del Green Rabbit si sono rivelate essenziali per aprirci le porte segrete di spiagge e micro attività di ristorazione locali.
In questa isola che va sbucciata come una cipolla, per arrivare al cuore vero, iniziamo l'esplorazione dallo strato più esterno e superficiale ovvero Ishigaki-shi (ishigaki city) il più grande agglomerato urbano che si trova nell'estremo sud dell'isola. La città è quanto di più turistico ci sia sull'isola anche se offre servizi utili quali negozi come il Farmer Market rifornitissimo di frutta e verdura locale ed Uheara Bakery per un pieno di prodotti da forno. Non mancano anche alcuni punti di ristorazione interessanti quali Yamburger per un ottimo hamburger di carne locale e pane croccante fatto in casa, Brothers per un cremosissimo soft serve ice cream ed Appy piccolo ristorante in cui l'inglese è sconosciuto ma il pesce no. Qui abbiamo mangiato il primo e unico sashimi, che stranamente non è un piatto tipico dell'isola, ed anche quello che potrebbe essere definita la loro insalata di mare: un misto di verdure e pesce cotto e crudo sapientemente condito con una salsa dal sapore acidulo. La spiaggia cittadina, nonché artificiale, di Minaminuhamacho Beach anche se perfettamente attrezzata con spogliatoi, bagni e docce si presentata come una landa di sabbia deserta e cocente ed il mare antistante, come in molti altri posti a sud, uno spazio angusto delimitato da reti anti medusa. A due minuti di macchina, adiacente all'imponente struttura dell'ANA hotel, si trova Maesato beach una graziosa spiaggia piuttosto affollata dai clienti dell'hotel, con attrezzature a pagamento e obbligo di balneazione nella ristrettissima area delimitata dalle reti di cui metà abbondante occupata da gonfiabili per bambini. No grazie, anche no...
Spostandosi ad est di Ishigaki-shi, sotto l'aeroporto, si trova l'area meno turistica di Shirao in cui è presente l'omonima e anonima spiaggetta oltre ad un piccolo agglomerato urbano fatto di una scacchiera di stradine strettissime tra cui si nascondono tesori come Hanabusa.
Qui vale la pena la visita non una ma due volte dato che a pranzo ed a cena il menù è completamente diverso. A pranzo servono un menù Soba tra cui spicca la strepitosa Euglena Noodle: una soba verde grazie all'uso dell'alga Euglena servita fredda su un letto di ghiaccio, viene poi intinta in uno straordinario brodo freddo condito a piacere con zenzero ed erba cipollina. La sera a cena è tassativa la prenotazione (come praticamente ovunque) e non c'è scelta: viene servito un set composto da varie pietanze che hanno tutte in comune ingredienti dell'isola e sapienza nel maneggiarli.
Nella parte opposta, a nord-ovest di Ishigaki-shi si trova l'area più ricercata dell'isola in cui spicca senza ombra di dubbio la fotografatissima ed iconica Kabira Bay . La baia stretta e lunga con qualche isolotto centrale è senza dubbio splendida nonostante il caldo torrido e le torme di pullman e turisti. Sotto il sole estivo spiccano il bianco abbagliante della sabbia, il brillante smeraldo dell'acqua, il blu inteso del cielo. Nella baia non è possibile fare il bagno ma solo visitarla con un giro turistico in barca o ammirarla dal Kabira Bay Observation Deck. Sulla punta della baia sull'omonima Kabira Beach sorge il ClubMed ovvero la più grande struttura alberghiera dell'isola. Se volete usufruire della spiaggia dovrete entrare dall'ingresso principale e pagare l'ingresso giornaliero oppure trovare un pertugio in cui intrufolarvi con la speranza di sbucare sulla spiaggia.
A nord di Kabira bay si trova un'altra icona turistica. Yonehara beach è una bella lunga spiaggia di sabbia bianca con una florida vegetazione che crea piccoli punti di ombra. L'acqua cristallina ed il fondale basso è purtroppo disseminato di coralli morti tra cui turisti-zombie bardati con pinne e boccaglio vagano in quello che a me ha dato più l'impressione di un cimitero che di un paradiso marino.
Personalmente Yonehara mi ha fatto sentire a disagio e messo anche tristezza. Almeno ai miei occhi era evidente il dramma di quel posto, una volta proabilmente bellissimo, ora alla mercé del turismo senza senso. Qui è tangibile il dazio che il sud dell'isola ha pagato per preservare il nord e forse anche il perchè il nord è così ostico nei confronti dei turisti...
Ma grazie al cielo, se anche voi come me sarete mortalmente colpiti da tale scempio, potrete riprendevi dal mago della tonkatsu: a pochi metri da Yonehara beach si trova Tonkatsu Riki in questo micro locale ho assaggiato il fritto più leggero ed asciutto della mia vita e ci sono ritornata solo per assicurarmi che non fosse stata una allucinazione.
Proseguendo sulla costa est verso nord si trova un'altro luogo tra i più gettonati dal turismo di massa ed ovvero la Blue Cave. Durante le ore di bassa marea arrivano nella adiacente spiaggetta numerosi pulmini zeppi di turisti-fantozzi che a piedi (ma debitamente bardati di giubbotto salvagente!) camminano in mezzo ai coralli e l'acqua bassa per raggiungere questa piccola caverna. Personalmente nella Blue cave in se non ho trovato nulla di meritevole di attenzione, quello che invece ho trovato meritevole è lo snorkeling nelle acque adiacenti: con la marea alta ed i raggi del sole di fine pomeriggio che filtrano nel blu profondo dell'acqua abbiamo visto bellissimi banchi di pesci, coralli nonché una solitaria tartaruga con cui abbiamo avuto il privilegio di nuotare per alcuni magici minuti.
A nord della Blue Cave ormai si è quasi al picciolo della nostra isola-pera e si entra in un'altra dimensione: qui i turisti sono pochi, per arrivarci devi avere una macchina e soprattutto la voglia di avventurarti in zone poco accessibili senza i suggerimenti di un locale.
Qui al nord le giornate sembrano amplificate, scandite dagli orari delle maree e dal caldo che nel primo pomeriggio ti fa rintanare a casa per riuscire poi prima del tramonto per un ultimo bagno prima di cena. Personalmente dopo aver messo piede a Hirakubo Beach ho capito che quello era il mio paradiso. Una serie di piccole spiaggette di sabbia bianca deserte e unite tra di loro durante la bassa marea con una fitta vegetazione alle spalle per quel po' di ombra tra un bagno e l'altro. L'acqua cristallina bassa per diversi metri è in pratica una piscina in mare aperto e ti fa tentare di restare lì a fare la puccia, ma basta mettere la maschera e fare due pinnate per iniziare a vedere bellissimi coralli e pesci multicolore.
Se questo non fosse già abbastanza aggiungo che una volta goduto questo paradiso marino, a pochi minuti di macchina si trova Karaya Syokudou dove a pranzo si può assaporare la Soba Yaeyama più buona dell'isola a mia giudizio. Ho personalmente trovato straordinaria quella vegetale.
Se riuscite a staccarvi dal paradiso di Hirakubo Beach, continuando a guidare si arriva alla estrema punta Nord dell'isola dove il panorama dal faro Hirakubozaki è straordinario soprattutto con la bassa marea che mette in risalto la laguna verde smeraldo all'interno della barriera corallina in contrasto con il blu cobalto dell'oceano aperto. La vicina Hirano Beach è di nuovo una grande piscina marina. Anche qui poca gente, spiaggia bianca lunghissima e acqua bassa e cristallina per tantissimi metri. Un bagnetto qui non si può non fare.
Proseguendo il nostro giro dell'isola, da Hirano Beach inizia l'esplorazione della costa est in direzione sud e si arriva nei pressi di Akaishi un piccolo paese da cui parte una strada sterrata panoramica poco conosciuta denominata Eco road, questo è uno dei segreti meglio tenuti dagli isolani insieme al mito delle meduse Habu... La strada corre lungo un tratto della costa nord est dell'isola e necessità di un'auto adeguata in quanto completamente sterrata. Qui la natura è pressoché incontaminata con mucche ed altri animali bradi al pascolo. Per preservarne la conservazione l'imbocco della strada è sbarrata da un cancello e dopo poche centinaia di metri si dirama un viottolo verso l'unico sbocco al mare. Da qui si può partire per uno snorkeling meraviglioso in mezzo a pesci e coralli incontaminati. Dopo tale meraviglia di sicuro la fame si farà sentire e consiglio una sosta al famoso e con lunga attesa Akaishi Shokudō la cui soba yaeyama è cucinata secondo la ricetta segreta del nonnino in cucina che ha giurato non rivelerà mai a nessuno! A mio modesto parere, dopo l'assaggio, il segreto è plausibilmente la marinatura della carne di maiale nel succo di ananas e forse anche canna da zucchero (colture onnipresenti nell'isola). La soba infatti aveva uno spiccato sapore dolciastro riconducibile a questi ingredienti e che personalmente non mi ha convinto appieno.
Siamo ormai arrivati alla fine del nostro giro dell'isola: proseguendo la guida ancora verso sud, prima di arrivare all'aeroporto e salutare questa bellissima isola, è d'obbligo una sosta al Tamatorizaki Observation Platform per godere un'ultima volta il meraviglioso panorama della costa orientale.
In coda un paio di approfondimenti e considerazioni.
Prima di tutto (ovviamente!) il cibo. Mangiare può essere piuttosto ostico. Mentre a pranzo si ha una ampia ed ottima scelta di locali, la sera soprattutto nel nord dell'isola, se vuoi cenare e farlo nei posti giusti risulta difficoltoso se non conosci qualcuno del luogo. Qui infatti i migliori posti sono micro ristoranti con poco più di quattro coperti che lavorano su richiesta e per farla devi conoscere chi la fa per te. Valgono una menzione, oltre a quelle già fatte, Kitchen Misaki per l'inusuale sashimi di capra e per il buonissimo pesce fritto e Akubi per il suo set completamente vegetariano e la ricerca dei migliori ingredienti locali e di stagione.
Il mare: non ditelo a nessuno ma le meduse Habu praticamente sono inesistenti ed è questo il motivo per cui a Nord dell'isola dove non c'è il turismo di massa non vedrete mai le reti che sono invece onnipresenti nel sud. Inoltre per ottimizzare lo snorkeling consiglio di documentarsi sugli orari delle maree in modo da coordinarsi in quanto con la marea bassa è quasi impossibile uscire o anche fare il bagno.
Infine, dove dormire: dipende sempre ovviamente dalle preferenze personali, se volete evitare le zone più affollate e turistiche ovviamente è il nord la vostra meta ma a patto che troviate qualcuno che, come è successo a noi, vi apra un po' di porte di questa bellissima ma ostica isola giapponese.
Vorrei concludere con una riflessione che mi ha costretto a fare questa lontana e piccola isola perchè mi ha messo davanti agli occhi quello che è un grande dilemma che mi pongo ultimamente: Se da una parte da sempre sostengo che tutti debbano viaggiare perchè solo così si cresce e si impara il rispetto per il diverso e per il nostro pianeta, dall'altra parte lo scempio del turismo di massa di questi ultimi anni è inoppugnabile.
Sono arrivata alla conclusione che il punto focale sia intenderci su cosa significhi viaggiare.
Viaggiare non credo sia uno snocciolare di selfie instagrammabili, non credo sia pensare di aver visitato una città come Milano standoci una manciata di ore o entrando nel Duomo come drammaticamente mi capita sempre più spesso di vedere. Lungi da me giudicare come gli altri vogliano spendere il loro tempo e soldi, la mia è solo la considerazione che questo pellegrinaggio di massa da un posto famoso all'altro solo per poter dire di esserci stato non dia nessun valore aggiunto e quindi, personalmente, non lo considero viaggiare.
Quindi si, capisco e non condanno i residenti di Ishigaki che, dopo aver toccato la desolazione creata dal turismo di massa si sono barricati a nord dell'isola e l'hanno resa ostica aprendone le porte solo ai pochi di cui si sono sincerati le intenzioni.
E con questo non voglio credermi migliore, anzi.
Questo vuole essere uno spunto per domandarsi se il mio viaggiare sia sufficientemente profondo e rispettoso e cosa potrei fare di più affianchè gli abitanti dei luoghi che visito non mi vedano come una cavalletta ma come una persona che vorrebbe portare a casa non un selfie, non un corallo strappato, ma qualcosa di più intimo e profondo.
Anche per questo viaggio ho compensato l'emissioni di CO2 acquistando 3 alberi in Malawi con Treedom
Ishigaki è una piccola isola con la forma di una pera che possiede una doppia anima: aperta e turistica a primo impatto, risulta poi ostica e schiva nella sua vera essenza lontana dalle mete più gettonate. Questa doppia valenza si rispecchia esattamente a livello geografico dove la parte sud è stata coscientemente gettata in pasto al turismo di massa per proteggere il più selvaggio ed intatto nord. A sud dell'isola, oltre all'aeroporto, si trova il più grande agglomerato urbano con ristoranti, strutture alberghiere nonché il porto turistico mentre, man mano che si sale verso nord, gli insediamenti scarseggiano, così come i turisti, ed al loro posto si trovano rare case di residenti, campi coltivati e natura selvaggia. Nel nord di Ishigaki riuscire a sopravvivere per un estraneo può risultare davvero difficoltoso e non basta un'auto per girare, è essenziale avere l'aiuto di gente locale se si vuole tentare di scoprire la vera natura dell'isola. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere questa possibilità affittando una graziosa minicasa nella zona di Ibaruma. Le gentilissime padrone di casa del Green Rabbit si sono rivelate essenziali per aprirci le porte segrete di spiagge e micro attività di ristorazione locali.
In questa isola che va sbucciata come una cipolla, per arrivare al cuore vero, iniziamo l'esplorazione dallo strato più esterno e superficiale ovvero Ishigaki-shi (ishigaki city) il più grande agglomerato urbano che si trova nell'estremo sud dell'isola. La città è quanto di più turistico ci sia sull'isola anche se offre servizi utili quali negozi come il Farmer Market rifornitissimo di frutta e verdura locale ed Uheara Bakery per un pieno di prodotti da forno. Non mancano anche alcuni punti di ristorazione interessanti quali Yamburger per un ottimo hamburger di carne locale e pane croccante fatto in casa, Brothers per un cremosissimo soft serve ice cream ed Appy piccolo ristorante in cui l'inglese è sconosciuto ma il pesce no. Qui abbiamo mangiato il primo e unico sashimi, che stranamente non è un piatto tipico dell'isola, ed anche quello che potrebbe essere definita la loro insalata di mare: un misto di verdure e pesce cotto e crudo sapientemente condito con una salsa dal sapore acidulo. La spiaggia cittadina, nonché artificiale, di Minaminuhamacho Beach anche se perfettamente attrezzata con spogliatoi, bagni e docce si presentata come una landa di sabbia deserta e cocente ed il mare antistante, come in molti altri posti a sud, uno spazio angusto delimitato da reti anti medusa. A due minuti di macchina, adiacente all'imponente struttura dell'ANA hotel, si trova Maesato beach una graziosa spiaggia piuttosto affollata dai clienti dell'hotel, con attrezzature a pagamento e obbligo di balneazione nella ristrettissima area delimitata dalle reti di cui metà abbondante occupata da gonfiabili per bambini. No grazie, anche no...
Spostandosi ad est di Ishigaki-shi, sotto l'aeroporto, si trova l'area meno turistica di Shirao in cui è presente l'omonima e anonima spiaggetta oltre ad un piccolo agglomerato urbano fatto di una scacchiera di stradine strettissime tra cui si nascondono tesori come Hanabusa.


A nord di Kabira bay si trova un'altra icona turistica. Yonehara beach è una bella lunga spiaggia di sabbia bianca con una florida vegetazione che crea piccoli punti di ombra. L'acqua cristallina ed il fondale basso è purtroppo disseminato di coralli morti tra cui turisti-zombie bardati con pinne e boccaglio vagano in quello che a me ha dato più l'impressione di un cimitero che di un paradiso marino.

Ma grazie al cielo, se anche voi come me sarete mortalmente colpiti da tale scempio, potrete riprendevi dal mago della tonkatsu: a pochi metri da Yonehara beach si trova Tonkatsu Riki in questo micro locale ho assaggiato il fritto più leggero ed asciutto della mia vita e ci sono ritornata solo per assicurarmi che non fosse stata una allucinazione.
Proseguendo sulla costa est verso nord si trova un'altro luogo tra i più gettonati dal turismo di massa ed ovvero la Blue Cave. Durante le ore di bassa marea arrivano nella adiacente spiaggetta numerosi pulmini zeppi di turisti-fantozzi che a piedi (ma debitamente bardati di giubbotto salvagente!) camminano in mezzo ai coralli e l'acqua bassa per raggiungere questa piccola caverna. Personalmente nella Blue cave in se non ho trovato nulla di meritevole di attenzione, quello che invece ho trovato meritevole è lo snorkeling nelle acque adiacenti: con la marea alta ed i raggi del sole di fine pomeriggio che filtrano nel blu profondo dell'acqua abbiamo visto bellissimi banchi di pesci, coralli nonché una solitaria tartaruga con cui abbiamo avuto il privilegio di nuotare per alcuni magici minuti.
A nord della Blue Cave ormai si è quasi al picciolo della nostra isola-pera e si entra in un'altra dimensione: qui i turisti sono pochi, per arrivarci devi avere una macchina e soprattutto la voglia di avventurarti in zone poco accessibili senza i suggerimenti di un locale.

Qui al nord le giornate sembrano amplificate, scandite dagli orari delle maree e dal caldo che nel primo pomeriggio ti fa rintanare a casa per riuscire poi prima del tramonto per un ultimo bagno prima di cena. Personalmente dopo aver messo piede a Hirakubo Beach ho capito che quello era il mio paradiso. Una serie di piccole spiaggette di sabbia bianca deserte e unite tra di loro durante la bassa marea con una fitta vegetazione alle spalle per quel po' di ombra tra un bagno e l'altro. L'acqua cristallina bassa per diversi metri è in pratica una piscina in mare aperto e ti fa tentare di restare lì a fare la puccia, ma basta mettere la maschera e fare due pinnate per iniziare a vedere bellissimi coralli e pesci multicolore.


Proseguendo il nostro giro dell'isola, da Hirano Beach inizia l'esplorazione della costa est in direzione sud e si arriva nei pressi di Akaishi un piccolo paese da cui parte una strada sterrata panoramica poco conosciuta denominata Eco road, questo è uno dei segreti meglio tenuti dagli isolani insieme al mito delle meduse Habu... La strada corre lungo un tratto della costa nord est dell'isola e necessità di un'auto adeguata in quanto completamente sterrata. Qui la natura è pressoché incontaminata con mucche ed altri animali bradi al pascolo. Per preservarne la conservazione l'imbocco della strada è sbarrata da un cancello e dopo poche centinaia di metri si dirama un viottolo verso l'unico sbocco al mare. Da qui si può partire per uno snorkeling meraviglioso in mezzo a pesci e coralli incontaminati. Dopo tale meraviglia di sicuro la fame si farà sentire e consiglio una sosta al famoso e con lunga attesa Akaishi Shokudō la cui soba yaeyama è cucinata secondo la ricetta segreta del nonnino in cucina che ha giurato non rivelerà mai a nessuno! A mio modesto parere, dopo l'assaggio, il segreto è plausibilmente la marinatura della carne di maiale nel succo di ananas e forse anche canna da zucchero (colture onnipresenti nell'isola). La soba infatti aveva uno spiccato sapore dolciastro riconducibile a questi ingredienti e che personalmente non mi ha convinto appieno.
Siamo ormai arrivati alla fine del nostro giro dell'isola: proseguendo la guida ancora verso sud, prima di arrivare all'aeroporto e salutare questa bellissima isola, è d'obbligo una sosta al Tamatorizaki Observation Platform per godere un'ultima volta il meraviglioso panorama della costa orientale.
In coda un paio di approfondimenti e considerazioni.
Prima di tutto (ovviamente!) il cibo. Mangiare può essere piuttosto ostico. Mentre a pranzo si ha una ampia ed ottima scelta di locali, la sera soprattutto nel nord dell'isola, se vuoi cenare e farlo nei posti giusti risulta difficoltoso se non conosci qualcuno del luogo. Qui infatti i migliori posti sono micro ristoranti con poco più di quattro coperti che lavorano su richiesta e per farla devi conoscere chi la fa per te. Valgono una menzione, oltre a quelle già fatte, Kitchen Misaki per l'inusuale sashimi di capra e per il buonissimo pesce fritto e Akubi per il suo set completamente vegetariano e la ricerca dei migliori ingredienti locali e di stagione.
Il mare: non ditelo a nessuno ma le meduse Habu praticamente sono inesistenti ed è questo il motivo per cui a Nord dell'isola dove non c'è il turismo di massa non vedrete mai le reti che sono invece onnipresenti nel sud. Inoltre per ottimizzare lo snorkeling consiglio di documentarsi sugli orari delle maree in modo da coordinarsi in quanto con la marea bassa è quasi impossibile uscire o anche fare il bagno.
Infine, dove dormire: dipende sempre ovviamente dalle preferenze personali, se volete evitare le zone più affollate e turistiche ovviamente è il nord la vostra meta ma a patto che troviate qualcuno che, come è successo a noi, vi apra un po' di porte di questa bellissima ma ostica isola giapponese.
Vorrei concludere con una riflessione che mi ha costretto a fare questa lontana e piccola isola perchè mi ha messo davanti agli occhi quello che è un grande dilemma che mi pongo ultimamente: Se da una parte da sempre sostengo che tutti debbano viaggiare perchè solo così si cresce e si impara il rispetto per il diverso e per il nostro pianeta, dall'altra parte lo scempio del turismo di massa di questi ultimi anni è inoppugnabile.
Sono arrivata alla conclusione che il punto focale sia intenderci su cosa significhi viaggiare.
Viaggiare non credo sia uno snocciolare di selfie instagrammabili, non credo sia pensare di aver visitato una città come Milano standoci una manciata di ore o entrando nel Duomo come drammaticamente mi capita sempre più spesso di vedere. Lungi da me giudicare come gli altri vogliano spendere il loro tempo e soldi, la mia è solo la considerazione che questo pellegrinaggio di massa da un posto famoso all'altro solo per poter dire di esserci stato non dia nessun valore aggiunto e quindi, personalmente, non lo considero viaggiare.
Quindi si, capisco e non condanno i residenti di Ishigaki che, dopo aver toccato la desolazione creata dal turismo di massa si sono barricati a nord dell'isola e l'hanno resa ostica aprendone le porte solo ai pochi di cui si sono sincerati le intenzioni.
E con questo non voglio credermi migliore, anzi.
Questo vuole essere uno spunto per domandarsi se il mio viaggiare sia sufficientemente profondo e rispettoso e cosa potrei fare di più affianchè gli abitanti dei luoghi che visito non mi vedano come una cavalletta ma come una persona che vorrebbe portare a casa non un selfie, non un corallo strappato, ma qualcosa di più intimo e profondo.
Anche per questo viaggio ho compensato l'emissioni di CO2 acquistando 3 alberi in Malawi con Treedom
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